Responsabilità della banca quando lo sportello del bancomat, manomesso da terzi, sottrae la tessera?

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Responsabilità della banca quando lo sportello del bancomat, manomesso da terzi, sottrae la tessera?

Può capitare a chiunque di subire la cosiddetta truffa del bancomat.
Diverse, infatti, sono le trappole utilizzate dai truffatori per riuscire a sottrarre del denaro al cittadino intento ad effettuare un’operazione di prelievo al bancomat.
In alcuni casi, i malviventi utilizzano la tecnica denominata “skimmer”. In questo caso nello sportello del bancomat viene collocata una finta fessura nella quale l’ignaro utente andrà ad inserire la tessera bancomat la quale verrà così clonata.
Diversamente, con la tecnica denominata “card trapping”, i truffatori fanno in modo che la tessera rimanga incastrata nella fessura. Il truffatore, pronto ad interviene in soccorso dell’utente, lo invita a digitare nuovamente il Pin il quale viene così visualizzato dallo stesso. Dopo l'allontanamento della vittima, il malvivente può recuperare la carta e utilizzarla con il pin appena memorizzato.
Molto simile a quanto appena visto è la tecnica del “cash trapping”. In questo caso, invece, è il denaro a rimanere intrappolato nel meccanismo installato dai truffatori e, nel momento in cui l’utente chiede aiuto o entra in filiale, il denaro viene prelevato dai malviventi.

In tutti questi casi, può sussistere una responsabilità civile dell’istituto bancario? In altri termini, possiamo rivolgere una richiesta di risarcimento del danno patrimoniale subito nei confronti della banca?

Dall’esame di una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 806 del 19 gennaio 2016, la risposta potrebbe essere affermativa.
Vediamo cosa era concretamente accaduto nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte.

Nel qual caso lo sportello del bancomat aveva trattenuto la carta della vittima intenta ad effettuare una normale operazione di prelievo. Il truffatore, che poco prima aveva manomesso l’apparecchio, si era avvicinato alla vittima e con il pretesto di aiutarla aveva memorizzava il suo PIN. Dopo qualche tentativo, la vittima desisteva dall’operazione in quanto nel monitor del bancomat appariva la dicitura “sportello fuori servizio”. L’allontanamento della vittima aveva consentito al truffatore di recuperare la carta rimasta all’interno del bancomat e di effettuare alcuni prelievi, anche nei giorni seguenti.

Ma in tutto ciò, che ruolo ha avuto la banca?

Sul punto, va precisato che la vittima aveva immediatamente segnalato (verbalmente) quanto accaduto al vicedirettore della filiale che si trovava presso l’istituto, il quale aveva invitato il signore a tornare il giorno seguente per la restituzione della tessera. Il vicedirettore, infatti, credeva che la tessera bancomat fosse stata trattenuta per un malfunzionamento dello sportello del bancomat. Il giorno seguente, però, la carta non veniva rinvenuta… A quel punto la vittima decideva di comunicare per iscritto alla banca quanto accaduto e contestualmente sporgeva denuncia all’autorità giudiziaria. Come ha risposto la banca alle pretese del signore truffato?

La Banca ha rigettato ogni richiesta del signore deducendo la tardività della segnalazione di quanto accaduto. Le condizioni contrattuali, infatti, prevedevano che, per ogni denuncia, doveva esserne data comunicazione entro 48 ore dall’accaduto. Secondo la banca il signore aveva, altresì, violato la disposizione contrattuale che impone al correntista la segretezza del PIN. A sostegno delle proprie argomentazioni la banca faceva leva sulle riprese video della fase del prelievo le quali avevano evidenziato l'imprudenza della vittima che aveva digitato il PIN sotto gli occhi del truffatore. Sul merito della questione, sia il Tribunale che la Corte d'Appello, accogliendo le difese svolte dalla Banca, rigettavano la domanda del correntista.
Si arriva dunque al giudizio innanzi alla Corte di Cassazione.

Ebbene, la Suprema Corte, ribalta quanto sentenziato nei due precedenti gradi di giudizio. Precisamente la Corte pone l’attenzione anche sulla condotta della banca, e non solo su quella del correntista. E infatti, la Corte, nelle proprie argomentazioni, si concentra sul “grave difetto di diligenza dell’istituto”, il quale, nonostante la segnalazione “verbale” del correntista, “non ha posto in essere alcuna cautela volta ed evitare il danno a fronte della segnalazione dello spossessamento”. Secondo la Corte, infatti, “la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi come parametro la figura dell’accorto banchiere”. Secondo il Supremo Collegio la condotta dell’istituto bancario deve necessariamente essere valutata in forza del paramento della diligenza ex art. 1176, secondo comma, c.c., ovverosia la "diligenza qualificata" richiesta ad un operatore professionale. Se da questo sopra dedotto possa derivare una responsabilità, o corresponsabilità, della Banca, lo stabilirà la Corte d'Appello in sede di rinvio. Spetterà infatti al giudice di merito verificare se risponda al parametro stabilito dalla norma la condotta del funzionario che, informato dell’accaduto, non ha assunto, nell’immediato alcuna cautela a tutela del cliente, così come spetterà al giudice del rinvio stabilire quanta diligenza debba avere la banca nell'esercizio dell'obbligo di custodia di uno strumento esposto al pubblico avente ad oggetto l'erogazione di denaro.

Al momento, dunque, nessuna certezza in merito… Certo è che la Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha evidenziato alcuni chiari ed indiscutibili profili su cui potrebbe fondarsi, senza particolari difficoltà tecniche, la responsabilità contrattuale della banca per il caso di utilizzazione illecita da parte di terzi della carta bancomat trattenuta dallo sportello.

Avv. Angela Costantino